martedì 12 marzo 2013


Al lavoro mi sembra ancora di poterti incontrare nei corridoi, con le tue bandane colorate e il tuo sorriso indomabile. Al lavoro il programma che gestisce la posta crede ancora che tu ci sia: scrivendo le prime lettere del tuo nome, l'indirizzo si completa in automatico, come se potessi scriverti, come se tu potessi rispondere.
Anche sul web sei ancora presente: resta una pagina di Twitter, la tua fotografia, i tuoi occhi ridenti e fuggitivi, fedeli al tuo nome, la tua gatta, il tuo mare, le tue parole di paura e fiducia, mai disperate, mai, nonostante tutto.
 
Ma noi che guardiamo una cassa di legno chiaro, tangibile, spietata, in questa strana giornata di metà inverno, col cielo che non sa decidere se piangere con noi o provare a confortarci con un inutile raggio di sole, noi come possiamo credere d'averti davvero detto addio?

domenica 3 marzo 2013


A mamma e babbo che, pur passando la vita a litigare, si sono fermati un attimo ad amarsi e produrre me; a mia sorella che, nonostante tutto quello che è venuto dopo, m'ha scelto un bel nome e un giorno m'ha dedicato parole dorate che ancora oggi mi commuovono; alle amiche e gli amici che ci sono da sempre, complici d'allegria e colonne nel dolore; agli uomini amati per una notte e per una vita, perché tutto l'amore, in schegge e in montagne, conta; alle persone meravigliose incontrate come un dono e passate per un momento splendente d'arcobaleno; a chi ha lavorato e lavora accanto a me rendendo serene le ore più lunghe e faticose; a chi ho incrociato per strada e m'ha sorriso senza conoscermi, ed è stato gentile senza guadagnarci.

Non è una merce di scambio, non va detta a sproposito. Grazie è la parola più semplice e bella del mondo, e non va pensata, non va calcolata. Va buttata fuori dal cuore.