venerdì 6 marzo 2009


Sarebbe poetico poterlo affermare, ma io non ricordo le tue ultime parole. Non sapevo che sarebbero state le ultime, non credevo ci fosse bisogno di mandarle a mente.

Invece ricordo l'ultima immagine che ho di te, quella che ho costruito.
Sta terminando un giorno interminabile; ho dormito poco e mangiato meno, ho asciugato le tue lacrime e ne ho ricevuto in cambio scherno, urla, cattiverie, le ultime frecce avvelenate del tuo arco quasi spezzato. Il giorno interminabile, l'ultimo giorno con te, è specchio fedele di una vita. Io ti accarezzo, allevio il tuo dolore, mi rendo utile per quello che posso e spero di essere amata. Tu raccogli le forze per maltrattarmi, stizzita per la presenza di chi, ancora una volta, l'ultima volta, è quella sbagliata. Lei, quella giusta, tronfia e sprezzante, guarda la scena a braccia conserte e ride. Ci sono trentotto anni in quella stanza, in quelle ore, in quella scena. Eppure io ci provo a salvare quello che posso. Esco dalla tua stanza portandomi dietro la rabbia dipinta sulla tua faccia, provo a riaffacciarmi, riesco - come, lo sa il cielo - a strapparti un sorriso e scappo prima che sia troppo tardi, prima di rovinare tutto. E come in un romanzo in quel momento sì, sento che è l'ultima volta che ti vedrò. E sono contenta che sia così, con te che sorridi. Perché vedi, il tempo non aiuta. Il tempo sta scavandomi dentro, e con lui questa primavera che non vuole arrivare. Non può piovere per sempre, dice il film più bello del mondo. Adesso penso che menta. Il sole sembra non poter tornare più.
Ma non ci credo, non fino in fondo. Non ho perdonato niente. Non a te, non a chi ti ha aiutata a farmi crescere storta e segnata. Ma il letame che mi è stato gettato addosso alla fine mi ha permesso di fiorire, anche da là in fondo, anche con la terra pericolosamente vicina. C'è qualcosa di splendente dentro di me che non hai saputo uccidere, che è cresciuto nonostante te, o forse a causa di te. Attraverso le lacrime e il buio, io so che un giorno tornerà la luce. Io so anche che potrò venire a patti con te, che potrò, se non dimenticare, almeno passare oltre, ridimensionare, guardare avanti. So che il sorriso che ti ho rubato sarà il mattone su cui ricostruire i cocci della mia vita.
Intanto aspetto. Prima o poi continuerò a vivere.