giovedì 31 dicembre 2009


L'ultimo giorno dell'anno ha la qualità cedevole e saggia dell'ultima pagina di un quaderno, appoggiata su un cumulo di carta già scritta e ormai passata. Guardare indietro non serve, i brutti voti non cambieranno. Si può solo scrivere le ultime righe, e la penna scivola via comoda sui fogli ammorbiditi dal lavoro quotidiano.
In questa terra che gli dei devono aver benedetto prima di andarsene, oggi il sole splende e riscalda. Verranno giorni freddi e cupi, ma questa sembra una mattina di primavera.
La gente che incontro sorride, si scambia auguri e me ne regala qualcuno, non sapendo quanto io ne abbia bisogno, quanto due parole di un estraneo bastino a sciogliere il ghiaccio, almeno un pochino.
Contro l'evidenza, la stanchezza, la paura, oggi riesco quasi a sperare.

martedì 30 giugno 2009


Una donna anziana cammina in riva al mare, di mattina presto. Indossa un costume intero, fuori moda.

Il vento arriva da sud e gonfia le onde. Il calendario non segna ancora estate ma l'aria è calda e il sole splende forte.
La donna anziana cammina lenta sul bagnasciuga, appoggiata a un bastone. Ha il viso coperto di rughe, sereno, bellissimo.


Sono seduta in riva al mare, di mattina presto. Indosso un costume intero, fuori moda, perche' non vorrò mai abbastanza bene al mio corpo da scoprirlo davvero.
Il vento arriva da sud e gonfia le onde. Il calendario non segna ancora estate ma l'aria è calda e il sole splende forte.
Guardo passare un'altra donna, che ha il doppio dei miei anni. Ha una quiete dipinta sul viso che io non conosco.


Penso che questa città debba essere un posto splendido in cui invecchiare. Fino a quando riesci a sorreggerti con un bastone, fino a quando puoi aprire gli occhi, hai tra le mani questo tesoro scintillante, il mare.


E' un pensiero che guizza felice e scompare subito nell'abisso.


Quella donna, mi dico, potevi essere tu, che cerco ancora di salvare nei miei sogni, che continui a non darmi tregua perché non mi hai dato tregua mai, che non vuoi diventare un ricordo da cullare.
Quella donna, grido a me stessa, potevi essere tu, che avrei dovuto portare via dallo squallore, sebbene fosse una tua scelta, sebbene lo meritassi.
Avrei voluto, davvero, farti invecchiare davanti al mare. Avrei voluto, se non salvarti, darti qualcosa che ancora m'illudo potesse rimbalzarmi indietro il tuo affetto.
Non basta un'occhiata alla mia storia per convincermi che costruisco sensi di colpa su un'illusione, che avrei potuto forse farti vivere, ma non farmi amare.
Non basta ricordare il tuo viso da strega, le rughe di chi non sapeva sorridere.
Non basta il tempo a curare le ferite, che si allargano e sanguinano ancora.
Non bastano quarant'anni a fare di me una persona adulta e razionale.


Guardo la donna anziana allontanarsi piano. Il mio cuore si spezza, di nuovo, di nuovo. Potevi essere tu.

venerdì 6 marzo 2009


Sarebbe poetico poterlo affermare, ma io non ricordo le tue ultime parole. Non sapevo che sarebbero state le ultime, non credevo ci fosse bisogno di mandarle a mente.

Invece ricordo l'ultima immagine che ho di te, quella che ho costruito.
Sta terminando un giorno interminabile; ho dormito poco e mangiato meno, ho asciugato le tue lacrime e ne ho ricevuto in cambio scherno, urla, cattiverie, le ultime frecce avvelenate del tuo arco quasi spezzato. Il giorno interminabile, l'ultimo giorno con te, è specchio fedele di una vita. Io ti accarezzo, allevio il tuo dolore, mi rendo utile per quello che posso e spero di essere amata. Tu raccogli le forze per maltrattarmi, stizzita per la presenza di chi, ancora una volta, l'ultima volta, è quella sbagliata. Lei, quella giusta, tronfia e sprezzante, guarda la scena a braccia conserte e ride. Ci sono trentotto anni in quella stanza, in quelle ore, in quella scena. Eppure io ci provo a salvare quello che posso. Esco dalla tua stanza portandomi dietro la rabbia dipinta sulla tua faccia, provo a riaffacciarmi, riesco - come, lo sa il cielo - a strapparti un sorriso e scappo prima che sia troppo tardi, prima di rovinare tutto. E come in un romanzo in quel momento sì, sento che è l'ultima volta che ti vedrò. E sono contenta che sia così, con te che sorridi. Perché vedi, il tempo non aiuta. Il tempo sta scavandomi dentro, e con lui questa primavera che non vuole arrivare. Non può piovere per sempre, dice il film più bello del mondo. Adesso penso che menta. Il sole sembra non poter tornare più.
Ma non ci credo, non fino in fondo. Non ho perdonato niente. Non a te, non a chi ti ha aiutata a farmi crescere storta e segnata. Ma il letame che mi è stato gettato addosso alla fine mi ha permesso di fiorire, anche da là in fondo, anche con la terra pericolosamente vicina. C'è qualcosa di splendente dentro di me che non hai saputo uccidere, che è cresciuto nonostante te, o forse a causa di te. Attraverso le lacrime e il buio, io so che un giorno tornerà la luce. Io so anche che potrò venire a patti con te, che potrò, se non dimenticare, almeno passare oltre, ridimensionare, guardare avanti. So che il sorriso che ti ho rubato sarà il mattone su cui ricostruire i cocci della mia vita.
Intanto aspetto. Prima o poi continuerò a vivere.